Nan Goldin
Sabato 2 dicembre 2023
ore 17.30
Presentazione
ALL THE BEAUTY AND THE BLOODSHED
117 minuti. 2022
Rega di Laura Poitras
All the Beauty and the Bloodshed è la storia epica ed emozionante dell’artista e attivista di fama internazionale Nan Goldin, raccontata attraverso diapositive, dialoghi intimi, fotografie rivoluzionarie e rari filmati, della sua battaglia per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler per le morti di overdose da farmaco. Il film intreccia il passato e il presente di Goldin, l’aspetto profondamente personale e quello politico, dalle azioni del P.A.I.N. presso rinomate istituzioni artistiche alle immagini di amici e colleghi catturate da Goldin, passando per la devastante Ballad of Sexual Dependency e la leggendaria mostra sull’AIDS Witnesses: Against Our Vanishing del 1989, censurata dal National Endowment for the Arts
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BIOGRAFIA
Nan Goldin nasce a Washington DC nel 1953 ma cresce a Boston, dove frequenta la School of the Musem of Fine Arts. Vive a New York dal 1978, dove si è affermata come una delle maggiori esponenti di un’arte a favore di una identificazione completa tra arte e vita.
Fino dall’età di diciotto anni usa la fotografia come un “diario in pubblico”, per questo l’opera di Nan Goldin è inseparabile dalla sua vita. Segnata dal suicidio della sorella diciottene Barbara Holly il 12 aprile 1965, è proprio fotografando la propria famiglia che inizia il suo lavoro fotografico. In seguito rimane molto vicina all’album di famiglia sia per la tecnica sia per i soggetti scelti.
Nel 1979, iniziando dal Mudd Club di New York, l’artista comincia a presentare le sue immagini con una proiezione di diapositive accompagnate da una colonna sonora punk: Ballata della dipendenze sessuale diffuso nei musei in più versioni.Le foto, anche se danno l’impressione di essere state rubate, non sono mai scattate con il soggetto troppo vicino all’obiettivo per risultarne sorpreso.
Vi si vede il suo entourage subire il travaglio della vita: vecchiaia, amore, morte, infanzia si succedono nei pochi secondi della proiezione prima dell’immagine successiva. Questo gruppo di persone a lei vicine di cui molte sono scomparse risulta ghermito in una congiura orchestrata dalla morte.
Nan Goldin osserva la parte trasgressiva e nascosta della vita della città con un approccio intimo e personale. I ricordi privati divengono opere d’arte solo dopo la decisione di esporli. Ritrae amici e conoscenti, ma anche se stessa come nel celebre Autoritratto un mese dopo essere stata picchiata. Il suo stile diventa un’icona della sua generazione difficile ed esso assume un’ulteriore svolta dopo la diffusione dell’AIDS che mette in discussione la sua fiducia nel potere delle immagini rendendole chiaro che esse le mostravano solo coloro che aveva perso. La Goldin intende le foto che documentavano la vita quotidiana dei suoi amici sieropositivi in funzione di valenza sociale e politica, e come attivista di Act Up organizza la prima grande mostra sull’AIDS a New York nell’89.
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